RECENSIONE | Non ti muovere di Margaret Mazzantini

Buongiormo, Viandanti! Dopo lunghe settimane sono finalmente riuscito a finire questo libro. Diciamo pure che è un periodo di merda, per usare un eufemismo, e la lettura ne risente parecchio. Ma nonostante intemperie varie ed eventuali, ce l'ho fatta. L'ho finito.


Titolo: Non ti muovere
Autore: Margaret Mazzantini
Pagine: 295 p.
Anno edizione: 2016
Editore: Mondadori
Formato: brossura
Prezzo di copertina: 13,50 

Trama: Una giornata di pioggia e di uccelli che sporcano le strade, una ragazza di quindici anni che scivola e cade dal motorino. Una corsa in ambulanza verso l'ospedale. Lo stesso dove il padre lavora come chirurgo. È lui che racconta l'accerchiamento terribile e minuzioso del destino. Il padre in attesa, immobile nella sua casacca verde, in un salotto attiguo alla sala operatoria. E in questa attesa, gelata dal terrore di un evento estremo, quest'uomo, che da anni sembra essersi accomodato nella sua quieta esistenza di stimato professionista, di tiepido marito di una brillante giornalista, di padre distratto di un'adolescente come tante, è di colpo messo a nudo, scorticato, costretto a raccontarsi una verità straniata e violenta. Parla a sua figlia Angela, parla a se stesso. Rivela un segreto doloroso, che sembrava sbiadito dal tempo, e che invece torna vivido, lancinante di luoghi, di odori, di oscuri richiami. Con precisione chirurgica Timoteo rivela ora alla figlia gli scompensi della sua vita, del suo cuore, in un viaggio all'indietro nelle stazioni interiori di una passione amorosa che lo ha trascinato lontano dalla propria identità borghese, verso un altro se stesso disarmato e osceno.



Questo è un libro che si ama o si odia, non esistono mezze misure per questo testo. Nonostante lo stile della Mazzantini sia dolorosamente e crudelmente poetico - che io, personalmente, adoro - questo libro non mi ha entusiasmato. La storia che l'autrice ci racconta è una storia anonima, sgualcita, comune a chiunque. Tratta di morte, di dolore, di amore. Temi triti e ritriti, insomma. Se non fosse stata la Mazzantini a scrivere, sicuramente non l'avrei nemmeno finito. Il suo modo di scrivere è doloroso, la sua scrittura una lametta sulla pelle. Sebbene la storia non sia ricca di grandi avvenimenti, lei riesce ugualmente a tessere e a raccontarci un'esperienza umana tanto familiare quanto misconociuta: l'amore. L'amore in tutte le sue forme, da quello prettamente carnale a quello metafisico, ma sempre e comunque logorante e meraviglioso. 

Non saprò mai quanti uomini l'hanno amata prima di me, ma so che ognuno di loro, accudendola o scalfendola, ha contribuito a plasmarla, a farla così com'è.

La storia ci viene narrata dal protagonista, Timoteo, padre della ragazza che una mattina qualunque di un giorno grigio e spento, viene travolta da un auto e finisce nell'ospedale dove il padre lavora come chirurgo. Un protagonista dilaniato e tormentato da un dolore intimo e viscerale. Un dolore, una cicatrice, una zavorra che si porta dietro da prima che sua figlia nascesse. Un dolore che ha il sapore dell'amore, il nome di una donna che ha amato come mai ha saputo e potuto fare. 
Timoteo è un personaggio meraviglioso, di un'umanità spiazzante e dolorosa. In un lunga e riflessiva conversazione univoca con la figlia sotto i ferri, in quell'attesa logorante e aspra, ci svela, poco a poco, la storia che si porta sulle spalle, che non ha mai confidato a nessuno se non a se stesso. E il libro si snoda così, con un interminabile monologo sulla sua vita, sui suoi errori, rimpianti e tradimenti. Ma soprattutto racconta del suo amore clandestino, oscurato e nascosto dalla sua vita borghese. Un amore che nasce all'improvviso, come nascono gli amori veri.

"Cosa vuol dire amare, figlia mia? Tu lo sai? Amare per me fu tenere il respiro di Italia nelle braccia e accorgermi che ogni altro rumore si era spento. Sono un medico, so riconoscere le pulsazioni del mio cuore, sempre, anche quando non voglio. Te lo giuro, Angela, era di Italia il cuore che batteva dentro di me."

La Mazzantini ci regala una storia povera e scarna, eppure di una verità così reale da risultare spiazzante. I demoni di Timoteo sono comuni alla maggior parte di noi, chi più chi meno. Impossibile non ritrovarsi almeno un po' in lui. Il lato negativo di questo libro è però la lentezza. Come ho già detto precedentemente, non ci sono grandi avvenimenti o grandi drammi, quella che ci viene raccontata è una storia d'amore dolorosamente reale, una vita comune di un uomo anonimo. Eppure è proprio qui che sta la bellezza del romanzo. Nella sua autentica semplicità. Avrei certo preferito fosse magari un po' meno lungo, personalmente ho faticato ad ingranare - se non dopo le prime 150 pagine - e ci sono parti secondo me troppo prolisse. Ma, ripeto, la scrittura della Mazzantini non vi farà di certo annoiare. Questo è un libro che va assaporato lentamente, senza fretta di arrivare alla fine, proprio perché, come la vita, una vera fine non c'è. 

"Ero felice, non ci si accorge mai di esserlo, Angela, e mi chiesi perché l'assimilazione di un sentimento così benevolo ci trovi sempre impreparati, sbadati, tanto che conosciamo solo la nostalgia della felicità, o la sua perenne attesa."

Un libro che vale sicuramente la pena leggere, ma con il giusto approccio. Da questo libro è stato tratto anche un film omonimo, che spero di vedere al più presto. Voi l'avete letto? O avete visto il film? 

  VOTO:

A presto, Viandanti





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