CINERECENSIONE | She's gotta have it


Risultati immagini per She's Gotta Have It
"Se non definissi me stessa per me stessa, sarei schiacciata nelle fantasie di altre persone e mangiata viva."

Remake seriale dell'omonimo film, She's Gotta Have It è una serie tv che colpisce forte lo spettatore, mettendolo davanti ad una realtà ancora oggi demonizzata: la poligamia e il poliamore. Nola Darling (la protagonista) è infatti una giovane donna intraprendente, dinamica, intelligente e bellissima, che intrattiene contemporaneamente quattro relazioni (tre con uomini e una con una donna).

La serie si apre con Nola nella sua camera da letto, seduta in quello che lei chiama letto dell'amore dove, rompendo la quarta parete (tecnica che sarà elemento caratterizzante della serie), ci dichiarerà il suo status di donna libera, che non crede in etichette e imposizioni morali. Nola è molto di più di quello che le etichette che le persone le incollano addosso dicono di lei.

Risultati immagini per she's gotta have it netflixI tre uomini con cui Nola va a letto non potrebbero essere più diversi: un ragazzo proveniente dal ghetto di Brooklyn, un modello egocentrico e innamorato solo di se stesso e un uomo di successo più grande di lei, con una ex moglie ingombrante e una figlia. Ognuno sa degli altri due, e che Nola va a letto con tutti e tre.
Come dice la stessa Nola, ognuno di loro le dà qualcosa di unico, che gli altri due non hanno, ma che insieme completano un quadro più grande. Questo comporta ovviamente uno stigma sociale non indifferente per Nola, che però non demorde e va avanti per la sua strada da donna libera.

She's Gotta Have It non è una serie dove succedono grandi cose: niente drammi spropositati, niente rotture irrecuperabili, ma non per questo meno interessante di altre serie tv. Ci sono alcune chicche davvero interessanti, come la scelta di voler inserire gli album delle canzoni che fanno da colonna sonora durante gli episodi e l'inserimento di alcune frasi didascaliche rap in sovrimpressione. Senza dimenticarci le musiche, che accompagnano la visione con un gusto impeccabile.

Immagine correlataMa Nola è anche un'artista di grande talento. La sua vita e la sua arte spesso si sovrappongono, dandole l'ispirazione necessaria alle sue opere. Un episodio in particolare mi ha colpito, dove Nola è vittima di quello che viene definito cat calling (quando un uomo si sente libero di fare "apprezzamenti" nei confronti di una donna per strada) e di una quasi aggressione sessuale. Quest'episodio segnerà la vita di Nola, la sua arte, il suo essere donna, la sua libertà di essere. Ma come ho già detto, la sua arte prende vita dalle sue esperienze, infatti questo le darà la forza di creare un'opera di street art. Nola incollerà dei poster intorno a Brooklyn che recitano My name is not baby gurl (Il mio nome non è baby), My name is not honey (il mio nome non è dolcezza), My name is not psst e altri messaggi che reclamano la libertà di una donna di essere una persona con un nome e non un oggetto sessuale o attrattivo. Basato sul progetto "Stop Telling Women To Smile" di Tatyana Fazlalizadeh del 2012, la quale continua a lasciare un segno nelle città di tutto il mondo, la campagna "My Name Is not" di Nola è un promemoria dell'esperienza traumatizzante che le donne affrontano ogni giorno nel mondo reale.

Immagine correlataLa sceneggiatura di She's Gotta Have It non è mai banale o scontata. La scelta di rompere la quarta parete ci dà la possibilità di assistere ai pensieri e alle riflessioni di Nola, come se ci trovassimo nella stessa stanza e stessimo parlando realmente.
Nola è la protagonista indiscussa della serie, scelta forse troppo azzardata. I personaggi secondari sono poco caratterizzati e ricadono spesso vittime di stereotipi troppo stretti per una serie che questi ultimi vuole abbattere. Unica pecca che si spera si dissolverà con l'arrivo della seconda stagione, già annunciata da Netflix.

Ogni episodio è caratterizzato da un tema specifico, che viene poi ampliato durante la puntata grazie alle vicende che i personaggi vivono. Si parla di gentrification, della società e dei suoi livelli, della percezione della donna e del suo corpo in pubblico,  di arte e femminismo, libertà sessuale e fragilità dei rapporti interpersonali, di razzismo e politica. Si parla di vita e lo si fa senza mai banalizzare o cadere il luoghi comuni.

 VOTO:


Insomma, un altro piccolo gioiellino sfornato da Netflix che non si può non guardare. Perciò fatelo, guardatela.

A presto, Viandanti

Midori

0 Commenti